lunedì 6 maggio 2013

Se domani mi fosse offerta una perfetta vista terrena, io non l'accetterei.

Fanny Cosby (1820-1915), la grande scrittrice americana di inni cristiani che, nella sua vita ne aveva composti quasi 8000, era cieca dalla nascita. Un giorno disse: "Sembra che sia stato inteso dalla beata provvidenza di Dio che io debba essere stata cieca per tutta la mia vita, e Lo ringrazio per quanto Egli ha disposto. Se domani mi fosse offerta una perfetta vista terrena, io non l'accetterei. Non avrei potuto cantare tanti inni alla gloria di Dio se fossi stata distratta dalle cose belle ed interessanti che ci sono attorno a me

Simone è una di esse!

Vorrei darvi la mia testimonianza riguardante la mia seconda gravidanza, dato che non capita a tutti di provare certe esperienze.

Tutto ebbe inizio verso la fine d’Aprile quando io e mio marito ritirammo le analisi. Il test di gravidanza era positivo!

Immaginatevi la gioia. Era la mia seconda gravidanza, avevo già una bellissima femminuccia ed il pensiero di avere un altro figlio, magari maschietto, ci riempiva di gioia.

Feci la prima ecografia verso la fine di Giugno e tutto sembrava procedere per il meglio.

Il feto era uno ed il resto era nella norma. Tutto bene fino alla seconda ecografia. Da quel momento, cioè dal 31 Luglio, iniziarono i problemi.

Il medico si accorse che qualcosa non andava, cioè la misura degli arti inferiori era di due misure più bassa della norma. Però non volle sbilanciarsi e decise di farci tornare il giorno dopo per rifare la misurazione.

Immaginatevi come passammo la notte. Io rimasi sveglia. Non riuscivo a togliermi dalla mente il pensiero del bambino anche se fin dall’inizio misi tutto nelle mani del Signore.

Avevo capito che forse qualcosa non andava, ma era tutto sotto controllo. Il Signore conosceva bene la situazione, perciò chiedemmo a Lui di aiutarci a stare tranquilli, di guidare i medici in questa situazione.

Il giorno dopo andammo all’ospedale al mattino presto. Questa volta, oltre ai femori, anche l’omero e la tibia risultarono due misure più piccole del normale. Così il medico iniziò a farci qualche domanda riguardo le nostre famiglie. Ci chiese se si fossero verificati casi di nanismo, mongolismo o qualcos’altro di significativo, ma da quello che ci dissero le nostre famiglie, non si era mai verificato nulla di tutto questo. Ci disse allora che l’unico esame per sapere qualcosa di più era l’amniocentesi, ma questo avrebbe potuto procurare danni al bambino.

Chiesi il perché della necessità di questo esame. La sua risposta fu immediata: "Se tu dovessi scoprire che il tuo bambino ha un problema, potresti rimediare facilmente con la sua eliminazione". Il medico mi consigliava di abortire, perché sicuramente, facendo quell’esame, qualcosa di grave sarebbe venuto fuori.

Fu proprio in quell’occasione che Eligio (mio marito) prese la parola e testimoniò della nostra fede. Gli disse chi eravamo, in cosa credevamo, e che quell’esame non l’avrei mai fatto perché comunque fosse stata quella creatura, essa era un dono di Dio e noi già gli volevamo bene così com’era, con problemi o senza.

Il medico rimase senza parole. In un secondo momento ci disse tramite una sorella, che lavora in quell'ospedale, che non aveva mai incontrato delle persone così tranquille e così fiduciose in Gesù tanto da accettare anche un bambino malato.

Sapere questo ci diede ancora più forza. Visto il suo interesse decidemmo di riprendere il discorso della fede con lui in una delle visite, che da quel momento in poi si fecero più frequenti.

Non vorrei annoiarvi con la descrizione di tutte le altre visite ed ecografie che feci. Andai anche all'ospedale di Cagliari. Anche lì mi confermarono che qualcosa non andava: c’era un problema alle ossa. Riassumendo alla fine le convinzioni dei medici erano le seguenti: - il bambino sarebbe stato senz’altro nano e, con molta probabilità, anche mongoloide.

Chi è mamma può capire come ho passato tutto il resto della mia gravidanza.

Finalmente il giorno del parto arrivò. Era il 18 Dicembre del 1998. Simone nacque con un parto spontaneo e piangeva come un disperato, perché aveva un femore fratturato. La frattura probabilmente era avvenuta perché lo avevano preso tenendolo per i piedini a testa in giù. Non mi dissero niente, anzi sembrava tutto a posto. Ma tre giorni dopo lo vidi tornare dall’ortopedia ingessato fin sotto le ascelle con le gambine divaricate. Tenne il gesso per un mese intero. In seguito siamo andati a Genova e li confermarono la malattia alle ossa, ma si misero a ridere quando sentirono che a Sassari ci avevano parlato di nanismo e mongolismo.

Un passo che mi ha aiutato molto è il Salmo 139. L’ho imparato quasi a memoria, Lo leggevo continuamente. Mi aiutava e mi consolava. Era il Signore che aveva formato quel corpicino dentro di me ed io lo amavo così com’era.

Pur essendo un bambino più fragile è bello, cammina, è intelligente, è felice, ed io ringrazio il Signore che me l’ha dato.

Che questa mia testimonianza possa aiutare chi dovesse trovarsi in difficoltà per qualcosa che non deve essere necessariamente la nascita di un figlio, ma in qualsiasi campo. Lo sguardo sia sempre rivolto al Signore. Lui sa sempre cosa è meglio per noi, come risolvere le situazioni. Egli ha sempre tutto sotto controllo. Fidiamoci di Lui.

Nel Salmo 46:8 leggiamo:

"Mirate le opere dell’Eterno;
il Quale compie sulla terra cose stupende"

Simone è una di esse!

Nora

"Ogni cosa è possibile a chi crede".

All'inizio dell'anno 1814, quando la guerra stava devastando l'Europa, delle truppe di Svedesi, di Cosacchi, di Tedeschi e di Russi si trovavano a circa mezzo miglio di marcia dalla città di Schleswig. Numerosi rapporti allarmanti sul loro modo di comportarsi li avevano preceduti e gli abitanti della città erano molto spaventati al loro avvicinarsi. C'era stata una tregua, ma doveva finire il 5 gennaio a mezzanotte, tempo che si avvicinava rapidamente, e tutti gli orrori della guerra e di una licenza sfrenata stavano di nuovo per abbattersi sui poveri abitanti di quel paese.
All'entrata della città di Schleswig, dalla parte dove si trovava il nemico, c'era una casa isolata, abitata da un'anziana e pia donna che, essendo venuta a sapere dell'avvicinarsi del nemico, pregava secondo le parole di un vecchio cantico che Dio "innalzasse un muro intorno a loro".

In quella casa abitavano lei, sua figlia che era vedova e suo nipote che era un giovane di venti anni.

Quest'ultimo, sentendo la preghiera di sua nonna, non poté fare a meno di dire che non capiva come ella potesse chiedere una cosa così impossibile come quella, e cioè che un muro fosse innalzato intorno a loro per difendere la casa dal nemico.

L'anziana donna, che era molto sorda, avendo capito ciò che suo nipote aveva detto, fece notare che lei aveva semplicemente voluto implorare la protezione divina per lei e per la sua casa, poi aggiunse: "Pensi che se veramente fosse la volontà di Dio di costruire un muro intorno a noi, questo gli sarebbe impossibile?"
Alla fine la terribile notte del 5 gennaio arrivò, e sul rintocco della mezzanotte le truppe entrarono da tutte le parti. La casa sopra menzionata era sul ciglio della strada e più grande delle case circostanti che erano solo delle piccole capanne, le quali furono presto invase dai soldati che chiedevano ciò di cui avevano bisogno in termini ingiuriosi e minacciosi. Gli abitanti della casa sul ciglio della strada ascoltavano con ansia, aspettandosi da un momento all'altro di sentire le intimazioni dei soldati alla loro propria porta.

Ma quantunque tutt'intorno a loro si sentissero il rumore confuso delle voci, l'incessante scalpitio dei cavalli, le buffonerie volgari e le risate fragorose, nessuno si avvicinò alla soglia della loro porta. A notte inoltrata l'esercito attraversò la città. Almeno quattro reparti di Cosacchi, feroci e mezzi selvaggi, formavano la retroguardia.



Era caduta molta neve tutto il giorno, seguita poi da una così violenta tempesta che i Cosacchi rinunciarono a proseguire la loro marcia e pensarono solo a rifugiarsi, loro e i loro cavalli, nelle catapecchie che si trovavano sul loro cammino e che per piccole che fossero furono subito più che piene. Simili ad una nube di cavallette, uomini e cavalli si scagliavano contro gli sventurati abitanti, divorando tutto davanti a loro. Che terribile notte per quelli che furono abbandonati alla loro mercé!
Ma in mezzo a tutto quel tumulto e a tutto quel disordine, la casa della donna di preghiera era tranquilla; neanche uno dei soldati di quella banda selvaggia che erano rimasti indietro, neanche un vicino spaventato, si avvicinò alla porta. Trascorsero le ore. Quelle anime che vegliavano si stupivano della loro meravigliosa conservazione; e mentre la fede e il timore possedevano alternativamente il loro cuore, apparve finalmente l'alba.

Ma ecco di nuovo le truppe in movimento, risuona la sveglia, il brutale Cosacco saccheggerà probabilmente ogni casa prima di andare lui stesso alla morte. La preghiera li preserverà ancora dal pericolo che li minaccia ora più che mai? Se finora, grazie all'oscurità e all'uragano che si è scatenato tutta la notte, essi sono sfuggiti all'osservazione, la luce del mattino li tradirà probabilmente e non saranno più risparmiati come altri. No, il Signore non libera a metà per abbandonare in seguito. La fede afferra ciò che gli appartiene e dice: "Non ti lascerò prima che tu m'abbia benedetto"; quell'anziana donna che vegliava là tremando, sperando e pregando, era più potente di tutto un esercito di crudeli Cosacchi. Sì, la sua casa è ancora protetta; non si è sentito nessun passo sul suolo, nessuna mano rude fa' tremare la porta.
Adesso che essi osano guardare di fuori scoprono subito i mezzi di cui Dio si è servito per la loro liberazione. La neve che era caduta così abbondantemente il giorno prima era stata ammucchiata dalla tempesta della notte ad una tale altezza fra la casa e la strada che ogni accesso ne era impossibile, e così un muro si era letteralmente innalzato intorno a loro, secondo la preghiera dell'anziana donna. "Vedi ora, figlio mio, esclamò ella, che era possibile a Dio di innalzare un muro intorno a noi per preservarci dal nemico?"

"Ogni cosa è possibile a chi crede".
Testimonianza tratta da: La Bonne Nouvelle (La Buona Novella) 1869 pag. 213-216

LEGGEVA CON LA SUA LINGUA

Oh, quanto amo la tua legge! E’ la mia meditazione di tutto il giorno" (Salmo 119:97)

LEGGEVA CON LA SUA LINGUA

Un credente norvegese che soggiornava per qualche tempo negli Stati Uniti, racconta la visita che fece ad un vecchio convertito, cieco, senza mani e semi-paralizzato. Sul pavimento di legno, tutto intorno a lui erano sparsi dei fogli di cartone perforati. Egli raccontò al visitatore l’incidente che lo aveva ridotto in tale stato di infermità. L’avvenire gli sembrava senza speranza, ma un giorno incontrò Gesù Cristo: «L’ho ricevuto come mio personale Salvatore, Egli mi ha dato la serenità; in me si è risvegliato il desiderio di leggere la Parola di Dio per poter meglio conoscere il Signore Gesù. La scrittura Braille non mi pareva essere di alcun soccorso poiché si decifra con... le dita ed io non ne avevo più. Un giorno ho creduto di udire la voce del Signore che mi diceva: «Impara a leggere con la tua lingua». Ho pregato per ricevere una Bibbia in Braille ed ho imparato a leggere così il Libro di Dio. Ho dovuto avere molta pazienza ma, alla fine, sono riuscit o nel mio intento». Gli domandai: «Gradirei che mi leggesse un versetto». Aveva la sua Bibbia davanti e con la lingua toccò leggermente i segni e tradusse: "Rallegratevi del continuo nel Signore" dalla lettera di Paolo ai Filippesi 4:4. Aggiunsi: «Quanti capitoli ha già letto nella Bibbia»? «Ho già letto tutta la Bibbia, parecchie volte» rispose il vecchio sorridendo. Quanti credenti (e non) hanno delle mani, degli occhi ed almeno una Bibbia, ma non hanno fame della Parola di Dio?

Nei mesi successivi i dottori non poterono fare a meno di Stupirsi

Nel film" Affrontando i Giganti" c’è un personaggio di nome LarryChiders. E confinato su una sedia a rotelle a causa di una malattia nominata sclerosi multipla, ma la sua visione della vita e il suo livello di fede superano di gran lunga quelli di tanti uomini. Egli incoraggia il figlio anon darsi per vinto quando le... cose si fanno difficili e crede fermamente Dio può fare impossibile, Ecco la sua testimonianza raccontata dai figli che per’altro sono gli autori del film
Ricordiamo bene quel giorno del 1984 in cui, mentre ci preparavamo per andare a scuola, notammo che papà era ancora a letto. Non era da lui alzarsi per ultimo. Di solito a quell’ora era già pronto ad andare a lavorare in chiesa. “Oggi papà ha bisogno di riposare ancora un po”, ci disse a mamma. Ma la storia si ripeté il giorno successivo e a settimana successiva. Apprendemmo allora che a papà era stata diagnosticata una malattia che chiamavano sclerosi multipla. Cadde ben presto in depressione e noi cominciammo a renderci conto di quanto la sua condizione tosse grave.
Nei mesi immediatamente successivi papà lottò per comprendere ciò che Dio stava facendo e perché gli stesse succedendo questo. Il suo corpo cominciò a perdere colpì e in breve sperimentò di tutto, da un estremo torpore a un dolore lancinante, I medici gli prescrissero una serie di farmaci sperimentali, ma nessuna cura definitiva. Gli fu detto che nei prossimo futuro avrebbe potuto perdere la vista, l’udito o ritrovarsi paralizzato. La cosa non spaventò soltanto lui, ma anche noi. Mentre mamma pregava e cercava di tenerci occupati, papà scivolò silenziosamente nella depressione più cupa.
Quando un uomo si rende conto di non poter proteggere la sua famiglia o provvedere per essa come vorrebbe, gli succede qualcosa. La sua autostima cola a picco, seguita dal suo atteggiamento nei confronti della vita. L’apatia e la depressione prendono presto il sopravvento e la speranza gli viene lentamente sottratta. Adesso sappiamo che la più grande prova di fede ha luogo quando ci si sente abbandonati da Dio.
Dopo sedici mesi di lotta per comprendere la propria sofferenza, papà toccò il fondo. Un giorno, mentre noi eravamo a scuola e mamma era al lavoro, si inginocchiò accanto al letto e diede sfogo a tutta la frustrazione e la confusione che aveva dentro. Pianse a dirotto davanti al Signore e disse a Dio che rinunciava a cercare di comprendere. “Prendimi con te o guariscimi, ma non lasciarmi così! Non posso più sopportare questo inferno personale! Gesù, tu sei il mio Signore e tu puoi fare tutto, ma non so dove tu sia in questo incubo! Ho confessato ogni peccato che mi è venuto in mente e ti ho aspettato, ma tu sei rimasto in silenzio! Perché, Signore? Perché non mi aiuti? Non sei il Dio che guarisce? Non puoi allungare il braccio e tirarmi fuori da questo baratro?”
Aveva deciso di servire Dio con la propria vita e di amare la sua famiglia con tutto ciò che aveva. Aveva condotto una vita integra e onorevole per poi ritrovarsi in quelle condizioni e perdere inesorabilmente le forze in mezzo a indicibili sofferenze. Ma la sua preghiera non si era conclusa lì. Tra le lacrime e il tremore prese anche un impegno più profondo. “Gesù, sebbene io non comprenda, ti loderò comunque, che tu mi guarisca oppure no! Non mi aliontanerò da te!”
Molti uomini, quando vengono messi alla prova, non si aggrappano al Signore. Molti rinunciano. Ma nostro padre non è così. Egli si aggrappò con fede sorprendente a un Dio sorprendente che vuole che viviamo la nostra vita in completa dipendenza da lui. Fu allora, mentre papà era in ginocchio, che Dio gli manifestò la sua presenza dopo mesi di silenzio. Ricordò amorevolmente a papà che io amava, che era con lui e che non lo aveva mai abbandonato. Allora papà si alzò, si vestì e iniziò il resto della sua vita.
Una fede rinnovata
Nei mesi successivi i dottori non poterono fare a meno di Stupirsi. Sobbo ne papà non fosse completamente guarito, la malattia rallentò. ConIirìuivì
sperimentare bruciore e torpore, ma il suo atteggiamento cambio e il  morale migliorò.
Lo notammo tutti. Papà aveva qualcosa di diverso. Faceva tutlo (:io che era necessario per non mancare agli appuntamenti con la nostra scuola e agli eventi della chiesa, Pregava con un nuovo zelo e ci parlava del suo rinnovato impegno nei confronti di Dio. Eravamo sbalorditi.
Anche altri lo notarono. “Che cos’è successo a Larry Kendrick?” chiedevano. “Pensavamo che sarebbe peggiorato, non migliorato”. Ma a guarigione era fondamentalmente interiore. La sua fede in Dio non si basava più sulle benedizioni accordate da Dio, ma sul fatto che Dio è degno di lode e di adorazione a motivo di chi egli è e non soltanto per ciò che egli fa per noi.
Papà cominciò a prepararsi per il prossimo incarico da parte di Dio quando gli venne chiesto di insegnare nella scuola cristiana che Stephen e io frequentavamo. Subito dopo che ebbi conseguito il diploma, la scuola chiuse e centinaia di studenti non sapevano dove andare. Allora Dio diede a papà la visione di una scuola nuova e lui ci rese partecipi delle sue speranze al riguardo. “Serviamo un Dio che apre porte che nessun uomo può chiudere”, era solito ripeterci citando la Bibbia (Apocalisse 3:7). Ma sulla carta sembrava non avere senso! Aveva bisogno di insegnanti, strutture e fondi e di suo non aveva quasi niente! Ma credeva nella presenza di Dio in quel progetto ed era determinato a non darsi per vinto. Vedemmo papà fare ciò che adesso siamo soliti chiamare “preparazione in vista della pioggia”. Pregava e allo stesso tempo andava avanti per fede.
Nel 1989 fondò la Cumberland Christian Academy usando le strutture di una chiesa locale. Diversi insegnanti e ottantuno studenti si imbarcarono nel progetto e sebbene molti lo reputassero impossibile, la nuova scuola salpò.
Nel corso degli anni immediatamente successivi, la frequenza salì a quattrocento studenti e vennero inaugurati nuovi campus. Molti studenti si convertirono a Cristo e vennero incoraggiati a vivere con fede perseverante. li corpo di papà continuava a indebolirsi, ma la sua fede non faceva che crescere.
Oggi la scuola è al suo diciottesimo anno di vita e Larry Kendrick è ancora il preside e viaggia tra i vari campus parlando agli studenti, agli insegnanti e alle famiglie dalla sua sedia a rotelle motorizzata. Papà non riesce più a stare in piedi, ma continua a intercedere per noi e per i suoi tredici nipoti ogni giorno. Quando la gente nota il suo impegno per Dio e il suo atteggiamento positivo nonostante le dure sfide impostegli dalla malattia, comincia a considerare i propri problemi in maniera differente. Adesso ci rendiamo conto che proprio i suoi limiti fisici gli permettono di avere un maggiore impatto spirituale su tutti coloro con cui entra in contatto.
Le frecce di papà
Durante gli anni di papà a Cumberland, Shannon, Stephen e io completammo gli studi al college. Shannon andò a lavorare per la IBM, mentre Stephen e io frequentammo il seminario e rispondemmo alla chiamata di Dio al ministero a tempo pieno. Negli anni immediatamente successivi, Dio diede a ognuno di noi una moglie devota. Su nostra esplicita richiesta fu nostro padre a celebrare i matrimoni, dando a ognuno di noi un dono speciale. Di fronte ai familiari e agli amici ci impartì la sua benedizione di padre. Parlò del suo grande amore per noi e dell’accettazione incondizionata delle sue nuove figlie. Ci garantì la sua amicizia e il suo sostegno in preghiera per tutta la vita e disse che, come frecce del suo arco, ci scoccava nel mondo affinché facessimo la volontà di Dio. Ogni giovane dovrebbe sentirsi rivolgere queste parole dal padre. Fu uno di quei momenti indimenticabili che ci riempì completamente il cuore

martedì 13 novembre 2012

"Perché mi è accaduto questo?

Nel mondo accadono eventi terribili, e quando li leggiamo nel giornale, ci ritorna sempre la domanda: "Dio? Ma come può permettere tutto ciò?"
La domanda diventa molto più angosciosa quando siamo toccati personalmente: Magari uno dei nostri bambini che amiamo ci viene preso. Oppure ci viene inferto un colpo talmente duro da sconvolgere tutta la nostra vita. Allora la domanda non è più teorica, ma brucia come un fuoco dentro di noi: "Perché mi è accaduto questo? Come ha potuto Dio farmi una cosa simile?" Non troveremo riposo finché non avremo la risposta.

Fu qui che un giorno un minatore di nome Amsel mi aiutò enormemente: Era un uomo grande e forte, e non si preoccupava né di Dio né del diavolo. Ma un giorno rimase coinvolto nel crollo di una galleria. Mi fu riferito che era rimasto paralizzato agli arti inferiori. Così mi misi in cammino per rendergli visita. Lo trovai nel suo appartamento, seduto su una sedia a rotelle, circondato da alcuni compagni. Quando mi vide alla porta si mise a sbraitare: "Ah, eccoti, prete dei miei stivali! E dov'era il tuo buon Dio quando mi è crollata addosso la galleria? Va' al diavolo coi tuoi discorsi."
Era una situazione tale che non riuscii nemmeno ad aprir bocca e me ne andai in silenzio. Ci furono però alcuni minatori che si preoccuparono di lui. Erano veri cristiani. Gli mostrarono la via che conduce a Gesù, sulla quale Dio ci dona la salvezza. E così ebbe inizio un grande cambiamento in quest'uomo. Trovò perdono per i suoi peccati e vera pace con Dio.

Un giorno andai a trovarlo. Era nella sedia a rotelle, sulla strada davanti al suo appartamento. (Nel frattempo eravamo divenuti talmente amici da darci del tu.) Mi sedetti sull'uscio accanto a lui, poiché mi accorsi che mi voleva confidare qualcosa d'importante. Infatti cominciò:
"Sai", mi disse, "ho la sensazione che non starò più a lungo su questa terra. Però so anche dove andrò quando chiuderò gli occhi. Quando sarò davanti a Dio mi prostrerò ai suoi piedi e lo ringrazierò di avermi rotto la spina dorsale."
"Ma Amsel! Cosa dici?" esclamai.
Amsel sorrise e mi spiegò: "Se non fosse capitato questo incidente, avrei continuato ad allontanarmi da Dio fino a giungere all'inferno. Ecco perché Dio ha dovuto intervenire in modo così drastico, per attirarmi verso suo Figlio, il mio Salvatore. Sì, è stata dura. Ma è servito per la mia salvezza eterna."
Fece una pausa, poi proseguì lentamente: "È meglio entrare storpio in paradiso piuttosto che camminare con due gambe verso l'inferno."
Presi la sua mano e gli dissi: "Amsel, sei stato nella dura scuola di Dio. Ma non invano. Hai imparato la lezione."

(Tratto da: Wilhelm Busch, Gesù nostro destino, Ebner 1994, pag. 86,87).
Quando guardiamo il lato inferiore di un tappeto persiano, vediamo un inestricabile intrico di fili che sembrano incrociarsi a caso. Però, appena giro il tappeto, si vede un meraviglioso disegno e si scopre che l'apparente disordine nascondeva un ordine perfetto. Quaggiù vediamo il tappeto degli eventi all'inverso, tutto ci sembra confuso e assurdo. Nell'eternità però vedremo il tappeto dal lato giusto e saremo stupiti di vedere con quale saggezza e arte Dio ci ha guidati sulla terra.
(Tratto da: Wilhelm Busch, Gesù nostro destino, Ebner 1994, pag. 81).

sabato 3 novembre 2012

Come sei riuscita a perdonare tua madre per il dolore che ti aveva provocato sin da bambina?

Ecco la storia di Aghi per riassumere in breve qualche anno della sua vita. Aghi ha 35 anni, è ungherese, di Budapest e ha due bellissimi bambini, da 11 anni vive in Sardegna.

La storia di Aghi era tormentata già dal grembo materno … infatti sua madre quando si rese conto di essere incinta, da subito ebbe un rifiuto per questa creatura e fece di tutto per interrompere la gravidanza, utilizzando anche metodi grossolani e molto pericolosi ma niente fu efficace, Aghi doveva nascere!

L’infanzia di Aghi fu molto triste, ricca di avvenimenti dolorosi che hanno segnato il resto della sua vita. Lei non ha mai visto suo padre, la madre non ha voluto farglielo conoscere. Quando aveva 1 anno Aghi fu messa in orfanotrofio perché la madre non voleva tenerla con sé.

Aghi era cresciuta da subito senza ricevere affetto, non sapeva cosa volesse dire essere amata o amare qualcuno, non aveva mai ricevuto un abbraccio, il contatto fisico era per lei come una violenza. Aghi si era dovuta fare forza da sola da bambina e questa solitudine l’aveva indurita tanto.

Quando aveva 12 anni la madre decise di riprenderla con sé ma da quel momento la vita di Aghi è stata ancora più difficile. Era come se la madre provasse odio nei suoi confronti, non riusciva a volerle bene, la vedeva come un enorme peso ed Aghi chiaramente non provava nessun affetto nei suoi confronti.

La madre di Aghi, già da quando lei era ragazzina aveva la brutta abitudine di dirle che era una sgualdrina e che nella vita avrebbe fatto solo la sgualdrina! Un giorno durante una lite tra le due la madre ha tentato di strangolarla ed è mancato poco che la uccidesse.

La prima esperienza col Signore Aghi la fece a 13 anni, quando leggendo la storia di Gesù in una chiesa, rimase così colpita da ritenersi comunque fortunata per il fatto che Gesù aveva dato la sua vita anche per lei e che lo aveva fatto come grande gesto d’amore!

Ma Aghi era una ragazzina triste, che spesso aveva pensato al suicidio ma proprio in quei momenti le riaffiorava in mente la storia di Gesù e capiva che il suicidio non era nella volontà di Dio.

La sua vita andava avanti con gravi maltrattamenti mentre lei diventava già una donna. A 17 anni la madre la mandò via da casa e lei trovò rifugio da un’amica e poi da uno zio …

Anche se appesantita dai problemi Aghi aveva trovato un lavoro in una sartoria e poi era riuscita ad affittare una stanza dove vivere. La sua vita sembrava finalmente serena. Iniziava ad avere amici, ad uscire, abitava in un paese vicino a Budapest. Aveva 18 anni.

Una sera un amico le propose di andare a fare un giro nella capitale, andarono in un bar dove trovarono un altro ragazzo. Quella serata sembrava non avesse fine, lei chiedeva di essere riportata a casa ma i ragazzi non volevano andare via. Poi Aghi andò in bagno e quando uscì non li trovò più, l’avevano lasciata nel bar….

Allora spaventata chiese al proprietario del bar e a sua moglie dove fossero i ragazzi e questi le dissero di non preoccuparsi che il giorno dopo sarebbero tornati a prenderla. Ma Aghi non si fidava, aveva paura e non sapeva cosa fare … Moglie e marito la tranquillizzarono, la portano a casa loro e apparentemente sembrava fosse al sicuro ma in realtà da quel momento iniziò la vera tragedia della sua vita …

FACCIAMO ENTRARE AGHI PER RACCONTARCI PERSONALMENTE IL RESTO DELLA SUA STORIA …

1) Aghi raccontaci cosa è successo quando a 18 anni ti sei ritrovata a casa dei proprietari del bar dove quei due ragazzi ti hanno abbandonata.

«A casa di quella coppia, al mio risveglio mi spaventai perché non trovavo più i miei vestiti e i miei documenti. Poi loro mi diedero altri vestiti da indossare ma erano molto volgari, una minigonna, una maglietta molto scollata e dei tacchi alti … non avevo mai indossato abiti così provocanti. Mi hanno detto che dovevo lavorare nella strada e andare con gli uomini. Io ero così ingenua e spaventata che non potevo credere a questa cosa e mi rifiutai. Ma quella era la realtà, l’uomo mi aveva portata per strada e mi aveva costretta a stare là per prostituirmi, nonostante io non volessi.»

2) Poi cosa è successo, come ti hanno costretta a fare ciò che volevano?

«Un giorno lo sfruttatore mi ha portato in una casa e mi ha buttato dentro una stanza buia dove c’erano voci di uomini, non so quanti erano ma mi hanno violentato in tanti. Poi lo sfruttatore mi ha portata via e anche lui mi ha violentata. Mi ha detto che ero di sua proprietà, che i ragazzi che mi avevano abbandonato nel bar mi avevano venduto a lui e che ormai io non potevo più scegliere, non ero più libera. Sono stata manipolata psicologicamente, trattata come una bestia, umiliata, controllata da altri che verificavano se lavoravo o meno per la strada e subivo violenze continue che mi facevano diventare succube di quei mostri. Dato che io continuavo a rifiutarmi, loro mi avevano costretto a prostituirmi mettendomi accanto un’altra prostituta esperta che veniva con me e i clienti per assicurarsi che io lavorassi e per prendere il guadagno.»

3) Poi vedendo che non ti eri ancora abituata alla vita di strada hanno cercato di venderti ancora ad un altro sfruttatore, chi era quest’uomo, cosa è successo?

«Volevano vendermi ancora ma poi mi son ritrovata tra un clan di mafiosi dove uno di questi mi ha rubata ed è scappato via. Sono stata violentata anche da lui, in una foresta dove nessuno poteva soccorrermi ed aiutarmi, ho vissuto un incubo ancora più brutto, non vedevo via d’uscita, sono rimasta scioccata a lungo senza riuscire neanche più a parlare.

Dopo questa violenza mi aveva comprata un altro sfruttatore, era uno dei mafiosi più pericolosi della città. Quest’uomo mi aveva portata a casa sua, era sposato con figli, lui continuava a picchiarmi, a violentarmi anche se la moglie era in casa. Spesso chiamava i suoi amici per abusare di me. Voleva distruggere la mia personalità, terrorizzarmi psicologicamente in modo che non potessi tentare di scappare.»

4) Qual è il ricordo più brutto che hai di quel periodo?

«Il giorno del mio diciannovesimo compleanno questo sfruttatore mi ha portato in un night perché aveva capito che in strada con me non faceva molti soldi. Nel night mi ha picchiata violentemente davanti ad altri uomini e poi mi ha costretta a ballare su un palco senza guardare nessuno negli occhi. È stato terribile, ero terrorizzata, ero piena di lividi, piangevo ma dovevo per forza ballare altrimenti mi avrebbe ammazzata.»

5) Poi hai ripreso a lavorare per strada, come sei riuscita a liberarti di quel terribile sfruttatore?

«Ho dovuto riprendere a lavorare nella strada, il guadagno era poco ma per non rischiare la morte a poco a poco ho dovuto sottomettermi a lui. Diverse persone venivano per strada e mi offrivano protezione ma io avevo paura di tutti, pensavo che ormai la mia vita non fosse più la mia, non mi fidavo di nessuno. Un giorno di disperazione ho chiesto a Dio di liberarmi dalla vita che facevo. Subito dopo si è fermato un uomo e mi ha detto che io non ero al mondo per fare la prostituta … Lui mi ha offerto aiuto e ho sentito che potevo fidarmi. Inizialmente l’uomo mi dava dei soldi per fare in modo che io non lavorassi e che comunque dessi il guadagno al mio sfruttatore senza venire massacrata di botte. Poi mi ha proposto di scappare promettendomi che mi avrebbe aiutata, senza volere niente in cambio … »

6) Questa infatti era la notizia grandiosa, che quest’uomo non aveva mai abusato di te e voleva solo aiutarti, finalmente una persona buona era arrivata in tuo soccorso.

«Si, in un attimo ho capito che quell’uomo era mandato da Dio … ho deciso di fidarmi e scappare con lui. Lui ha iniziato a cambiare la mia vita, mi ha comprato dei vestiti decenti, mi ha dato una casa dignitosa dove vivere, mi ha sostenuto economicamente per molto tempo. Gli avevo chiesto il motivo di questo gesto generoso e lui mi aveva detto che in passato una persona buona lo aveva tirato fuori da una vita terribile per cui ora lui voleva fare altrettanto con me, sino a quando la mia vita non si fosse ristabilita. Infatti è stato proprio così, quando mi sono reinserita nella vita normale lui è scomparso e non l’ho mai più rivisto.»

7) Poi è riapparsa tua madre nella tua vita ma purtroppo non per recuperare il rapporto con te …

«Nel frattempo io avevo trovato un lavoro dignitoso e mia madre aveva saputo dove vivevo. Mi ha proposto di tornare a vivere da lei e ci sono andata con la speranza di potere finalmente vivere bene. Mi sono trasferita da lei con tutto l’arredo e i soldi che l’uomo buono mi aveva lasciato. Ma un giorno, quando tutti i soldi erano finiti e mia madre si era venduta anche tutti i miei mobili, lei mi ha detto che dovevo fare di più perché i soldi non bastavano e i miei fratellini avevano fame. Mi ha detto che dovevo prostituirmi.»

8 ) Tua madre non sapeva della vita che avevi fatto poco tempo prima e di tutte le violenze subite. Come hai reagito a questa richiesta?

«Ero sconvolta, lei sin da bambina mi aveva sempre detto che ero una sgualdrina, mi aveva sempre trattata male ma non potevo credere alla sua richiesta, era sempre mia madre. Il problema era che ancora una volta ero stata manipolata psicologicamente e alla fine mi sono rassegnata e sono tornata a lavorare per strada, questa volta per mia madre e mio zio che era il mio protettore. Ero tornata alla vita pericolosa, dove ogni giorno rischiavo di essere uccisa da qualche pazzo, ero molto arrabbiata ma non sapevo come uscirne perché in casa non avevano da mangiare. In quel periodo per non pensare a quello che facevo e per avere il coraggio di affrontare la vita nella strada, avevo iniziato ad ubriacarmi.»

9) Un nuovo dramma era iniziato purtroppo e ancora una volta sei stata venduta …

«Per strada diversi sfruttatori volevano comprarmi e un giorno mia madre, sempre in cerca di soldi, ha deciso di vedermi. Il mio incubo era tornato, non potevo fare niente e la sola cosa che ho potuto decidere è stato scegliere l’uomo a cui essere venduta.

Quest’uomo non era violento come gli altri, mi ha portata a casa sua e mi trattava bene. Col passare del tempo ci siamo innamorati. Purtroppo con lui ho iniziato a fare uso di cocaina e anche se la vita non era perfetta per un po’ ho sperato che mi sposasse, desideravo una famiglia ma in realtà ne sono rimasta delusa. Un altro uomo mi aveva ferito. Da quel momento mi sono arrabbiata molto e ho stabilito che nessun uomo avrebbe mai più deciso per la mia vita! Avevo capito come dovevo trattare gli uomini e volevo vivere come una donna libera. Il problema è che continuavo ad usare cocaina e a bere molto.»

10) In che modo hai deciso di vivere da donna “apparentemente libera”?

«Nel frattempo avevo iniziato a lavorare nei night, ballavo e mi prostituivo, avevo molte conoscenze e il mio carattere era diventato molto forte. Non avevo più nessun protettore. Avevo iniziato a girare l’Europa, a lavorare nei locali più famosi e a guadagnare molto bene, avevo soldi, vestiti ed ero molto richiesta, mi sentivo sicura e finalmente libera. Ma la schiavitù da droga e alcool era sempre più forte.»

11) Come sei arrivata in Sardegna e come ha iniziato a cambiare la tua vita?

«Un’amica che viveva a Sassari mi ha chiesto di venire a trovarla, mi ha detto che c’era lavoro e che si stava bene. Allora sono arrivata qua, credendo di stare solo per un periodo e ho iniziato a lavorare in un locale. Là ho conosciuto un uomo di cui mi sono subito innamorata e che è il padre dei miei due figli. Con lui ho vissuto una bellissima storia d’amore ma la vita per strada continuava perché era la mia unica fonte di guadagno. Un giorno mentre ero per strada mi sono resa conto della mia condizione, di come vivevo la mia vita, delle mie dipendenze. Mi sono vergognata di me stessa, avevo già 30 anni, mi sentivo un fallimento, una donna che non valeva niente. Avevo capito che avevo ingannato me stessa per andare avanti, che avevo tenuto chiuso in una parte del mio cuore la mia vita terribile … Allora mi sono disperata e ho urlato a Dio di aiutarmi, non ne potevo più, mi odiavo, volevo morire. Subito dopo mi è stato chiesto di andare a Budapest per prendere delle donne e portarle a lavorare qua in un locale, avevo accettato pensando che così avrei potuto rivedere la mia famiglia che non vedevo da 6 anni …»

12) Cosa è successo quando sei arrivata in Ungheria?

«Quando sono arrivata ho visto le ragazze e ho avuto una sorta di rifiuto nel portarle via con me, mi sono resa conto che quel gesto non andava bene, quindi ho deciso di lasciarle. Poi ho rivisto mia madre e volevo tornare subito in Sardegna da mio figlio ma il mio passaporto era scaduto e non mi hanno fatto ripartire. Uno di quei giorni mi ha telefonato mia sorella, che era già una credente, mi ha detto che dovevo cambiare la mia vita, che dovevo affidarla a Dio e mi ha chiesto di andare a trovarla. Considerate che mia sorella non sapeva della mia vita e oltretutto per me era assurdo sentire parlare di Dio in quel modo, pensavo che lei fosse pazza. Ma poi ho deciso di andare a trovarla anche perché ero obbligata ad andare là per rinnovare il mio passaporto. Arrivata a casa loro però ho subito avvertito una grande pace e il giorno dopo ho deciso di andare al culto nella loro chiesa ma ero sempre incredula.»

13) Come ha fatto entrare Gesù nella tua vita?

«Quando sono stata nella loro chiesa ho sentito delle parole che mi sono entrate dritte nel cuore. Il giorno dopo con mia sorella abbiamo pregato e ho chiesto a Gesù di darmi un segno e di entrare nella mia vita.

Mentre dicevo questo in un attimo è passata davanti alla mia mente tutta la mia vita, tutti i miei sbagli, tutti i miei vizi e tutto quello che dovevo abbandonare. Poi ho avvertito la presenza di Dio e piano piano tutto il peso che avevo addosso si allontanava, la rabbia, il dolore scompariva, ho iniziato a sentirmi leggera, mi sentivo vuota da pensieri e una pace mai provata è entrata dentro di me.

Il giorno dopo ho salutato mia madre, raccontato a lei la mia esperienza e sono tornata a Sassari. Ero una donna nuova.»

14) Come sei riuscita a perdonare tua madre per il dolore che ti aveva provocato sin da bambina?

«Da sola non ci sarei mai riuscita. Mi ricordo che quando era nato il mio primo figlio avevo provato un amore immenso per lui, quando lo tenevo tra le braccia sentivo una gioia incredibile e di conseguenza ho sentito un odio grandissimo per mia madre, non riuscivo a capire come lei avesse potuto abbandonarmi, come lei avesse avuto il coraggio di vendermi e di contribuire alla mia distruzione. In quel periodo avevo provato una grande rabbia, ero stata molto male con quei pensieri … ma da quando ho conosciuto Gesù ho capito che dovevo perdonare anche lei, il Signore mi ha aiutato a guarire anche le ferite più dolorose.»

15) Quindi la tua vita è completamente cambiata, ormai sono passati 5 anni. Cosa hai capito ancora grazie all’aiuto di Gesù?

«Abbandonando la mia vecchia vita, ho capito i miei sbagli, grazie a Gesù sono riuscita a perdonare anche tutti i miei carnefici e me stessa. Mi sono sentita importante per la prima volta nella mia vita, ho capito che potevo finalmente vivere serena, senza guardarmi più alle spalle e dovermi difendere dagli altri. Gesù ha riempito il mio cuore, mi ha insegnato ad amare gli altri, ha dato un senso alla mia vita e mi ha dato la gioia di vivere! Il Signore infatti mi ha fatto trovare una vera famiglia nella chiesa, con fratelli che mi amano e mi hanno sostenuto nei momenti più difficili. Lui si occupa ogni giorno di me e dei miei figli e non mi fa mancare nulla.»

16) La tua è una storia incredibile, piena di speranza e ci dà la certezza che se Gesù ha salvato te può farlo con chiunque. Cosa vorresti consigliare alle donne presenti?

«Vorrei dire a tutte le donne che qualsiasi sia la vostra situazione non dovete disperare ma vi consiglio di affidare al Signore ogni peso. Voglio dirvi di non mollare, perché con il Signore possiamo affrontare qualsiasi problema, proprio come è successo a me.»