lunedì 10 ottobre 2011

Chiuso in una cella di due metri per tre, sono infinitamente più felice di quando ero nel peccato, quando non conoscevo Dio.

Ichii era un uomo impiccato per omicidio a Tokio nel 1918.
Era stato incarcerato più di venti volte ed era conosciuto per avere la crudeltà di una tigre. In un’occasione, dopo aver attaccato una guardia, venne imbavagliato e legato, e il suo corpo venne sospeso così che “le dita dei piedi toccavano a fatica in terra”. Ma testardamente si rifiutava di dirsi dispiaciuto per quello che aveva fatto.
Poco prima di essere condannato a morte, a Tokichi venne inviato un Nuovo Testamento da parte di due missionarie cristiane, dalla signora West e dalla signora McDonald. Dopo una visita da parte di West, iniziò a leggere la storia del processo e dell’esecuzione di Gesù. La sua attenzione fu attirata dalla frase “E Gesù disse: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno»”. Questa frase trasformò la sua vita.
Mi fermai: ero stato colpito al cuore, come da un chiodo di dieci centimetri. Cosa mi aveva rivelato il versetto? Posso chiamarlo l’amore del cuore di Cristo? Posso chiamarlo la sua compassione? Non so come chiamarlo. So solo che con un cuore indescrivibilmente grato avevo creduto.Tokichi era stato condannato a morte e accettò questo fatto come “il giusto, imparziale giudizio di Dio”. Ora la stessa Parola che lo aveva portato alla fede lo sosteneva anche in una maniera meravigliosa. Vicino alla fine, West gli indicò le parole di 2Corinzi 6:8-10 riguardo alla sofferenza del giusto. Quelle parole lo commossero profondamente, ed egli scrisse:
Come afflitti, eppure sempre allegri”. La gente dirà che devo avere un cuore molto addolorato perché aspetto ogni giorno l’esecuzione della mia pena di morte. Non è così. Non provo né dolore, né angoscia, né sofferenza. Chiuso in una cella di due metri per tre, sono infinitamente più felice di quando ero nel peccato, quando non conoscevo Dio. Giorno e notte… io parlo con Gesù Cristo.
“Come poveri, eppure arricchendo molti”. Ciò sicuramente non si applica alla vita malvagia che conducevo prima di pentirmi. Ma, forse in futuro, qualcuno nel mondo potrebbe sentire che il malfattore più disperato, che sia mai vissuto, si pentì dei suoi peccati e venne salvato dalla potenza di Cristo, e anche lui potrebbe raggiungere il pentimento. Allora succederebbe che io, benché povero, potrei rendere molti ricchi.

La Parola lo sostenne fino alla fine; sul patibolo, con umiltà e scrupolo, proferì le ultime parole: “La mia anima, purificata, oggi ritorna alla Città di Dio”.

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