venerdì 30 settembre 2011

Ad una parete appese il numero di soccorso «5015».

Franz Huber morì all’età di 52 anni a seguito di un’emorragia cerebrale. Fu un criminale, un tossicodipendente ed un aiuto straordinario per i suoi simili.
Per cinque anni era stato in carcere (rapine, furti). Nel 1980 la forza di vivere del ragazzo di Neuhausen era esaurita. Viaggiò in Olanda per un’ultima porzione di eroina perché nessuno si occupava di lui. Non ce la faceva più.
In questo stato di depressione Franz incontrò in Olanda un vecchio amico di nome tJlf che gli fece conoscere un gruppo di credenti cristiani in un locale, I membri del gruppo lo invitarono in un ex-convento per una cura di disintossicazione... questo primo passo riuscì. In seguito Franz lavorò per un anno nello stesso convento occupandosi della cucina, del giardino e di lavori di riordino.
Liberato dall’eroina, ritornò nella città natale di Monaco di Baviera. Spalò neve per il comune di Monaco, lavorò per un pizzaiolo, fece lo spazzino in occasione delle partite di calcio della squadra di serie A locale e di fiere campionarie.
Il lavoratore occasionale cercò il contatto con la gente che lo aveva aiutato, con i cristiani. Così capitò in una chiesa locale che si fa chiamare «Assemblea cristiana» e ha sede in piazza Collier nel Westend. In questa piazza Franz Huber, il tossicomane, affittò un appartamento di 30 metri quadrati. Ad una parete appese il numero di soccorso «5015». Si tratta del riferimento al Salmo di Davide che dice: «Invocami nel giorno della sventura, io ti salverò».
Franz Huber visse come i primi cristiani, praticando l’amore per il prossimo: non c’era tossicodipendente a Monaco per il quale non avesse una parola gentile o un aiuto materiale. La sua stanza era aperta ventiquattro ore su ventiquattro per chiunque avesse bisogno di aiuto. Tenne persino delle conferenze sui pericoli della dipendenza nelle scuole e nei centri giovanili di tutta la Baviera.
Dal 1982 fino alla data della sua morte fu in giro nel nome di Gesù Cristo per annunciare ai disperati il messaggio dell’evangelo, per pregare con loro e per dimostrare, con la propria esistenza, che la fede può spostare delle montagne.
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